Fantasmi della rete – Unità 731 – Rally

74.

L’avevano sbattuta dentro quella lurida stanza vuota come se fosse un sacco di patate; l’avevano spinta così forte che era caduta a terra. Era rimasta lì per qualche minuto a pensare.
Aveva trascorso l’ultima settimana in compagnia di persone meravigliose, finalmente aveva cominciato a vivere: aveva cucinato, aveva mangiato in compagnia, aveva lavorato con delle persone che le volevano bene. Quella sì che era vita. Ora si trovava di nuovo chiusa in una gabbia, questa volta letterale e non sapeva quale sarebbe stato il suo destino. Z3u5 non era solito perdonare. Anche se aveva fatto parte del comitato direttivo non era al corrente di tutti i loschi traffici della setta: una volta però aveva parlando con Erm4s, l’unico membro del comitato che, a suo avviso, non era un invasato e  le aveva riferito che per ottenere alcuni favori il capo della setta aveva fatto rapire e sbattere in galera per oltre tre mesi l’amministratore delegato di una ditta indiana. Il pover’uomo ne aveva passate di tutti i colori nel periodo che era stato in gattabuia e, con questo pretesto, si era prestato ad ogni tipo di favore nei confronti della Pirotech.
Si mise a sedere per terra, sentiva di nuovo quel peso sullo stomaco che l’aveva abbandonata negli ultimi giorni, non sapeva cosa fare, non sapeva cosa pensare.
D’un tratto sentì che la porta della sua stanza era stata aperta. Entrò qualcuno che richiuse la porta dietro di sé. Era un personaggio particolare: portava degli occhiali di corno e i capelli biondi pieni di gel tirati all’indietro; era molto magro e, anche se non si poteva definire una gran bellezza, aveva un aspetto simpatico e sincero. Portava un paio di jeans blu e una maglietta bianca,
“Pr0m3t30! Che ci fai qui?”
“Ssssshhhh…parla piano…sono venuto a liberarti.”
“Ma, come hai fatto a sapere che ero qui?”
“Io ho tutte le chiavi non ricordi, se qualcuno vuole chiudere una porta deve venire da me.”
“Ma tu non lavoravi nelle isole Cayman?”
“Sì ma qui c’è più lavoro e, visto che sono il migliore nel mio campo, mi hanno spostato ed è una vera fortuna per te.”
“Lo sai che sei un tesoro?”
“Dimmelo quando saremo usciti di qui.”
“Dobbiamo liberare il professore e Leo!”
“Chi è Leo?”
“Un mio amico…ma che c’è?”
“Cosa c’è tra te e questo Leo?”
“Adesso non abbiamo tempo Pr0m3t30!”
“Non mi muovo di qui se non mi dici cosa c’è tra te e questo…come si chiama?…Leo!”
“Cosa sei geloso? Sei geloso?” l’indiana diede al giovane un bacio sulla guancia “è solo un amico non ti preoccupare.”
“Cioè…non capire male…non è che…io…insomma…non…”
“Me lo dirai dopo. Ora andiamo.”
“Tieni, questa è la chiave della stanza del tuo amico, io vado a prendere il professore qui a fianco. Poi dovremo scendere nel garage. Non abbiamo molto tempo prima che se ne accorgano.”

75.

“Come diavolo hai fatto ad uscire?”
“Ti spiego dopo, ora vieni subito!”
Leonardo seguì senza batter ciglio la ragazza: “Alpha hai sentito? Ce ne andiamo?”
“E chi si perde sto manicomio…sto in attesa e se hai bisogno…parla.”
I due appena usciti dalla stanza girarono a destra dove Pr0m3t30 e il professore li stavano aspettando. Conti fu un po’ stupito dall’aspetto strano dell’ultimo arrivato ma da come guardava C4ss4ndr4 subito intuì che, almeno da parte sua, c’era un secondo fine nell’aiutarli in quel modo. Pensò anche che fosse un pazzo, stava rischiando la vita. In fondo però, anche lui avrebbe fatto la stessa cosa per Marzia.
Si misero tutti e quattro a correre verso l’ascensore che si aprì appena Pr0m3t30 toccò il pulsante. Sulla destra c’erano una serie di pulsanti con il numero dei piani che arrivavano fino al seminterrato e, in fondo, il buco per una chiave. Il biondino prese dalla tasca un mazzo di chiavi enorme e con molta sicurezza ne estrasse una, la mise in posizione e gli fece fare mezzo giro.
L’ascensore si mosse verso il piano inferiore. Stavano andando sotto la sala del server dove si trovava il garage che conteneva le macchine della ditta. L’accesso era riservato e solo chi aveva una particolare autorizzazione poteva entrare in quell’ala.
Arrivati al piano desiderato la porta si aprì. Il primo ad uscire fu Pr0m3t30 che con fare sicuro, attraversò i due metri che lo separavano dalla porta che dava direttamente sul garage, tirò fuori un’altra chiave e aprì.
Tutti lo seguirono in un ampio locale in cui erano parcheggiate oltre quindici auto e furgoni. Conti vide l’Audi R8 che aveva avuto il piacere di guidare solo pochissime volte, c’era anche un BMW M6 e una Lotus Elise.
“Quale prendiamo…io non me ne intendo…sono macchine con il cambio manuale…spero che qualcuno di voi le sappia guidare.”
“Certo, guido io. Prendiamo la Mustang GT500” disse con foga Leonardo.
Era galvanizzato, anche in quella situazione di estremo pericolo non riusciva a resistere all’idea di avere un motore del genere fra le mani. Lei era lì in tutto il suo splendore, una Mustang GT500 grigia con due bande blu che percorrevano per intero la linea della macchina tagliandola a metà nel verso della lunghezza. Era un’auto davvero splendida ma non solo. Il cofano nascondeva un motore sovralimentato V8 da 5.4 litri capace di sprigionare una potenza di cinquecento cavalli e, nonostante fosse una macchina americana aveva il cambio manuale a 6 marce. Dai cerchi in lega cromati da venti pollici si poteva notare l’impianto frenante italiano marcato Brembo.
Il giovane porse al ragazzo italiano le chiavi della vettura. Il marchio Ford era ben visibile nella decorazione del portachiavi.
“Ma hai tutte le chiavi in tasca?” chiese Leo curioso.
“Quasi.” rispose il biondino.
I quattro fuggiaschi salirono in macchina: Leo alla guida, il professore a fianco e C4ss4ndr4 e Pr0m3t30 negli stretti posti di dietro.
Il rumore del motore rimbombò in tutto il garage, intanto in lontananza si sentivano le sirene dell’allarme.
“Ci hanno scoperti. Presto vai!”
Leonardo mise la prima e partì a tutto gas verso la rampa che dava sul cortile. La macchina aveva una potenza straordinaria e le gomme larghe le davano un grip e una tenuta fantastiche.
Dallo specchietto notò che stavano arrivando degli uomini vestiti di nero all’interno del garage, si sentì anche il rumore di uno sparo che non colpì nemmeno di striscio la carrozzeria.
Dopo una curva leggera sulla destra la rampa tornava dritta fino ad arrivare ad una sbarra di legno posta prima dell’uscita: ovviamente non venne neppure considerata. L’auto uscì dal garage a cento miglia all’ora. Davanti a loro, a circa cinquecento metri c’era il grande cancello elettrificato.
Pr0m3t30 aveva ancora qualche asso nella manica prima di affidarsi completamente alla guida di Conti. Estrasse dalla tasca dei pantaloni, non con poca difficoltà, un telecomando che fece aprire il cancello elettrificato.
“Se non vai più piano ci schiantiamo! Guarda che è pieno di corrente e non riuscirai a sorpassarlo se non si apre.”
L’italiano dovette rallentare sensibilmente, sentiva dietro di loro il rombo dei motori delle macchine che si erano lanciate all’inseguimento. Il fatto di dover attendere l’apertura del portone li fece perdere non poco vantaggio sui loro inseguitori, quando infine il cancello si aprì avevano già alle calcagna tre macchine: una Lotus Elise, una Subaru Impreza e, sfortunatamente l’R8 guidata da Z3u5 in persona.
“Se ne danno da fare per venirci a prendere eh!” scherzò Conti
“Spero che tu lo sappia guidare questo bolide.” commentò Cecksy
Il ragazzo lasciò con un braccio il volante e premette il microfono nell’orecchio:
“Alpha, non so se hai capito…siamo in una strada della Manciuria, inseguiti da tre auto e io non ho la più pallida idea di dove devo andare.”
“Lo so, lo so. Ti sto seguendo grazie al trasmettitore che hai addosso.”
“Dove devo andare?”
“Dovresti seminarli e andare ad Harbin che è a una cinquantina di chilometri da dove ti trovi ora, quando arrivi ti farò venire a prendere dalla squadra di Patterson.”
“Ma adesso questi come li semino?”
“Questo proprio non lo so…prova ad arrivare in città.”
Leonardo sapeva che purtroppo, in quel frangente, Alpha non poteva fare nulla. Stava chiedendo all’auto tutto quello che poteva dare in quella lunghissima strada che stava percorrendo. Non c’era una curva, nulla. Era dritta e si perdeva nella campagna cinese.
L’R8 guidata da Z3u5 era leggermente più veloce e guadagnava terreno in fretta, contando anche che portava solo il peso di un uomo mentre la Mustang ne aveva quattro.
“Ragazzi, tenetevi forte!”
Leonardo deviò nello sterrato a fianco alla strada. In quella regione della Cina la campagna ha un aspetto molto brullo e il terreno, se non viene arato ed irrigato, assume un aspetto bruno e cupo.
Fece una curva di circa quarantacinque gradi a destra andando a proseguire la sua corsa nello sterrato pieno, questa mossa era dovuta a diversi fattori. Come già detto, la Mustang era più pesante, sia in se stessa che per il carico che portava, quindi teneva molto meglio nello sterrato rispetto all’R8, le ruote erano più larghe e quindi permetteva molta più libertà.
La tattica in un primo momento funzionò infatti l’Audi, non adatta ai percorsi accidentati, perdeva terreno rapidamente. Delle tre macchine che inseguivano i fuggiaschi solo due erano rimaste al passo. Leonardo non aveva calcolato che l’altra macchina che li inseguiva era un’auto che per anni aveva vinto rally di tutti i tipi e che, quindi, si trovava molto a suo agio sui terreni accidentati.
Continuarono ad andare avanti sullo sterrato per un po’ di chilometri con l’R8 che perdeva terreno e la Subaru che lo guadagnava.
Piano piano il paesaggio si faceva sempre più verde fino a quando comparve alla vista un fiume: il Songhua. L’argine, alto oltre quattro metri, era lontano ancora due chilometri ma alla loro velocità attuale, che superava i centocinquanta miglia all’ora (circa i duecentocinquanta chilometri all’ora) non avevano molto tempo per pensare a cosa fare.
La Subaru era sempre dietro e non accennava a volersene andare, nonostante la scia di polvere che si alzava al passaggio della Mustang, l’Audi invece era rimasta indietro, una velocità del genere sarebbe stata letale per le sospensioni in quel terreno.
“Sapete che cos’è uno scandinavian flick?” chiese Leonardo
“No.” risposero in coro
“Meglio.”
L’argine era ormai molto vicino, Leonardo non era convinto che il guidatore della Subaru l’avesse visto in quanto non aveva accennato a rallentare. Doveva compiere una manovra da manuale se voleva avere qualche possibilità di mettere in pratica ciò che pensava.
“Non dovresti rallentare?” chiese il professore che vedeva l’argine sempre più vicino.
“Tenetevi forte ragazzi!”
L’espediente che voleva usare poteva mandare tutti al creatore ma era l’unico modo per riuscire a togliersi di mezzo quella Impreza.
Tolse leggermente il piede dall’acceleratore portandolo a metà corsa del pedale, la macchina rallentò fino ad arrivare a cento miglia all’ora. La Subaru si avvicino fino quasi a toccare il paraurti della Mustang.
Leonardo tolse il piede sinistro dalla frizione e, continuando ad accelerare, toccò leggermente il pedale del freno sterzando contemporaneamente verso destra. La macchina incominciò ad andare in sovrasterzo verso destra alzando una nuvola immensa e fitta. Il ragazzo dosò con molta abilità freno e acceleratore e mantenne la macchina in quella posizione per un centinaio di metri in modo da alzare più polvere possibile. Ad un tratto girò di colpo lo sterzo verso sinistra e lasciò il piede dal freno, la macchina si girò con un effetto pendolo verso la direzione opposta; non appena la si fu girata rischiacciò il pedale del freno con la gamba sinistra per ottenere di nuovo un sovrasterzo verso sinistra questa volta e fare la curva come voleva, mettendosi cioè in parallelo con il fiume. Quando la macchina ebbe fatto un angolo di più di novanta gradi nella direzione voluta, cioè la sinistra, schiacciò a tavoletta l’acceleratore per far riacquistare stabilità alla macchina e uscire dalla curva.
Tutto questo polverone fece perdere il senso della misura al guidatore della Subaru che prese la curva troppo velocemente e la vettura fece un brusco testa e coda che lo mandò con la parte posteriore dell’auto oltre l’argine.
Il guidatore si affrettò a scendere, ma non fu una bella mossa, il cambio di peso nella parte anteriore ruppe l’equilibrio e la macchina precipitò sola dentro il fiume. Il guidatore restò a guardare l’auto che si riempiva d’acqua fino all’altezza dei sedili posteriori. In realtà non aveva subito un gran danno, ma ci sarebbe voluta una gru per ritirarla su.
“Ma chi ti ha insegnato questa manovra Leo?” disse Alpha nel microfono
“Bella mossa vero? Diciamo che l’ho imparato in una simulazione di guida…” rispose Leo rivolto a tutti, amici in macchina compresi.
“E tu hai fatto una manovra che non avevi mai provato prima con il rischio di andare a farci ammazzare?” chiese Pr0m3t30.
“Ehm…sì”
“Ma sei pazzo! Mi sono quasi preso un infarto qua dentro!”
“Su! E che sarà mai? Siamo vivi no?”
“Solo fortuna! Sopo per fortuna!” l’uomo delle chiavi scosse la testa e sprofondò sul sedile.
“Chissà dove è andato a finire Z3u5…non lo vedo più.” disse il professore
“Si è allontanato qualche minuto fa. Ma non pensate che si sia arreso, vi tenerà qualche agguato non appena sarete arrivati in città. Leo, gira leggermente verso sinistra, dovresti ricongiungerti con la statale. Vai ad Harbin, appena possibile vi mando qualcuno.” gracchiò Alpha dal microfono
“Z3u5 non ci insegue più” annunciò Conti “andiamo verso Harbin; lì vedremo cosa fare.”
Proseguirono sulla terra brulla di quella regione ancora per qualche chilometro fino ad arrivare di nuovo alla statale che, in breve tempo, lì portò nella città di Harbin che è la capitale di quella provincia della Cina. La macchina era tutta impolverata, i quattro occidentali di sicuro non sarebbero passati inosservati.
Il cielo stava cominciando a schiarirsi quando arrivarono alle porte della città, non avevano soldi, non avevano documenti erano completamente persi e soli in una terra dove si parlava una lingua sconosciuta. L’unico loro contatto era AlphaCentauriY2K.
Arrivati in città si fermarono.  Era grande e moderna. Erano le cinque del mattino quindi in giro c’erano poche macchine e ancor meno persone.
“Che facciamo?” chiese Leo
“Aspettate…la batteria….scarica….prendervi”
La batteria dell’auricolare si era esaurita. Avevano perso anche quell’unico contatto.
“Penso che dovremmo abbandonare la macchina.” disse Nicolai
“No! Non voglio!” disse Conti facendo la voce da bambino.
“Ti sembra il momento di scherzare?” chiese Pr0m3t30.
“Mamma mia! Come siete permalosi! Va bene, parcheggio e ce ne andiamo. Dovrebbe arrivare Patterson a prenderci…forse…”
Leonardo parcheggiò la macchina sul ciglio della strada. Scesero tutti e si incamminarono verso il centro della città.
D’un tratto videro un furgone nero arrivare, sapevano che era meglio non stare in strade troppo trafficate e si infilarono in un vicolo. Stavano vagando senza meta.
“Fermi!” disse una voce dietro di loro in inglese.
Si girarono di scatto e si trovarono davanti Z3u5 con due energumeni alti due metri.
“Pensavate veramente di riuscire a sfuggirmi? Con i vostri trucchetti avete solo guadagnato qualche ora di libertà.”
I quattro scattarono e si misero a correre nella direzione opposta. I due scagnozzi di Z3u5 li inseguirono non appena videro che i loro obiettivi stavano scappando.
Si divisero, Leo e Nicolai girarono nel primo vicolo che incontrarono a destra mentre Pr0m3t30 e C4ss4ndr4 andarono diritti e
svoltarono a sinistra.
Ognuno dei due scagnozzi seguì un gruppo diverso.
Leonardo correva a più non posso davanti al professore con l’uomo vestito di nero sempre alle calcagna. I vicoli erano vuoti e non
c’era possibilità di seminarlo in alcun modo.
“Nicolai! Dobbiamo affrontarlo.”
I due si fermarono e si girarono. L’uomo mise la mano in tasca per estrarre la pistola ma il professore gli si gettò contro con la foga di un rinoceronte. I due caddero a terra. Leonardo corse verso lo stesso punto e cominciò a prendere a calci sul fianco l’omone che
sembrava non sentire dolore.
Con un pugno scaraventò il professore di lato e si rialzò mentre Conti tentava di dargli un pugno sullo stomaco.
Con uno schiaffo Leonardo finì a qualche metro dal punto dove si trovava prima. Poi un pugno in faccia lo raggiunse mandandolo a gambe all’aria.
Il professore si stava rialzando ma due grosse mani calarono su di lui facendolo di nuovo stramazzare. A quel punto una pistola
comparve nella mano della guardia del corpo di Z3u5 che, senza dire una parola fece cenno a tutti e due di seguirlo.
Erano sporchi e doloranti. Conti aveva un grosso ematoma all’altezza dello zigomo e il professore camminava a stento. Anche la
guardia sembrava aver subito qualche colpo ma restava eretta e fiera dietro di loro pronto a premere il grilletto nel caso di qualche mossa falsa.
L’altra coppia non ebbe più fortuna, anche la loro corsa fu arrestata e, nonostante i gesti eroici del ragazzo furono catturati e ricondotti al cospetto del capo della setta.
“Cosa pensavate di fare? Se foste stati meno stupidi forse sarei stato più clemente. Ora seguitemi.”
Shiro, le sue due guardie e i quattro sventurati si avviarono verso uno dei vicoli lì attorno. Camminarono per circa dieci minuti a zig zag seguendo le istruzioni impartite da chi teneva la pistola; arrivarono davanti ad un cancello di un capannone. La porta si aprì, come per magia, ed entrarono.
L’immenso capannone conteneva pile e pile di carta imbancalate ordinatamente. Le colonne erano formate da cubi di carta di circa un metro di lato. Il cancello si richiuse dopo che furono entrati. Li scortarono fino al centro del capannone dove erano state sistemate quattro sedie.
I prigionieri si accomodarono e furono legati come dei salami. A questo punto le due guardie se ne andarono.
“Bene ragazzi. Penso che siamo giunti all’epilogo.”
“Cosa significa Z3u5?” chiese C4ss4ndr4.
“Vedete questo posto sta per essere incendiato. E noi con lui.”
“Ma sei pazzo?” chiese Pr0m3t30
“Forse. Ma non abbiamo scampo. Io, come voi, devo morire.”
“Dicci perché Z3u5 perché?” chiese Leo rassegnato.
“Voi non potete capire. Fin da piccolo mi è stato insegnato che dovevo riportare in auge il nome Ishii e ho fallito. Se mio nonno mi stesse guardando di sicuro non approverebbe. Ho fallito, la vergogna e troppo grande, l’unico modo per redimersi è pagare con la vita.”
“Non sei un samurai giapponese! Puoi redimerti in altri modi, in fondo non hai mai ammazzato nessuno…fino ad ora…”
“Questo non conta, e poi non è esatto al cento per cento, in ogni guerra ci sono delle vittime. Io ho perso e sarò uno di questi. Dovevo diventare il padrone del mondo per far veder ad ogni nazione chi era Shiro Ishii, dovevo riabilitare il nome del mio prozio, dovevo fare tutto questo ed ho fallito. Merito la fine che faremo insieme. Il mio piano era perfetto ma siete riusciti a sventarlo, a rendermi inoffensivo, ma pagherete con la vita la vostra sfrontatezza.”
Nell’aria incominciava a farsi strada un lieve odore di fumo che diventava sempre più forte. Zeus teneva la pistola puntata contro i quattro che non potevano assolutamente muoversi.
“è finita!” disse il professore
Tutti guardarono Z3u5, aveva lo sguardo perso nel vuoto e guardava verso il soffitto. Quell’uomo di oltre un metro e novanta era
collassato, la sua mente aveva ceduto. Forse le eccessive aspettative, forse l’indottrinamento che era cominciato fin da quando era bambino l’avevano fatto diventare quello che era: un pazzo.
Tutti si erano rassegnati alla loro fine imminente. Leonardo si mise a pensare a Marzia. Quante volte erano stati insieme e lui non gli aveva mai veramente detto cosa provava, quante volte ne aveva avuto la possibilità e l’aveva sprecata. Si sentì un verme e, in quella circostanza, capì che bisogna far capire alle persone quanto bene gli vogliamo. Nonostante il fatto che la ragazza si preoccupasse
tantissimo per lui, tanto da venire a prenderlo direttamente a New York, ancora non le aveva detto che l’amava, l’amava dal più
profondo del cuore.
Amava la sua aria allegra, amava il suo senso dell’umorismo, amava quando gli impediva di fare ciò che voleva, amava quando si
arrabbiava, amava tutto di lei e, in quel momento critico, l’unica cosa che voleva era dirglielo.
Le lingue di fuoco cominciarono a salire e la stanza si riempì di fumo, tutti incominciarono a tossire, l’aria era sempre più irrespirabile e le fiamme sempre più alte. Leo guardò i suoi compagni che erano nella stessa sua situazione, non meritavano quella fine così
ignobile, ma ormai non ci potevano fare nulla.
Cominciarono a tossire, Leo diede un ultimo sguardo a Z3u5 che incominciava a cedere per il fumo, poi tutto si fece nero attorno a lui e calò la notte.